La pizza italiana è patrimonio dell’umanità

Come già raccontato per la Dieta Mediterranea, anche la pizza – assurta nel 2017 a «patrimonio culturale intangibile per l’umanità» – non è soltanto una pietanza.
Nella quotidianità degli italiani, in particolare al Sud, pizza è prima di tutto sinonimo di festa, di gioia, di salute, di condivisione e forte simbolo di identità: indubbiamente l’immagine della pizza riconosce all’Italia la sua parte più verace, spontanea, quasi macchiettistica (nel senso più positivo e ironico del termine) e che ci fa accogliere con simpatia sincera nel resto del mondo.

La pizza è anche il simbolo di un preciso e vasto insieme di tradizioni e di storie vissute – tipicamente italiane – che infatti così accoglie l’Unesco: «La produzione della pizza – che include gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto, esibizione e condivisione- è un indiscutibile patrimonio culturale”.

Era dal 2009 che il Ministero delle Politiche Agricole attendeva questo responso, ed è stato appreso con grandissima soddisfazione – nella notte tra il 6 e il 7 dicembre da parte del consiglio dell’Unesco riunito a Jeju, nella Corea del Sud – non solo per il grande prestigio ma anche per l’effettiva tutela che esso garantisce alla genuina italianità della pizza e dei suoi ingredienti.

Innanzitutto la nomina Unesco – intitolata, naturalmente, in modo esclusivo all’Italia – certifica che l’effettiva origine della pizza è della nostra penisola: più specificamente la sappiamo nata in territorio meridionale sin dal quattordicesimo secolo e consolidata – per come la si intende oggi – dalle abitudini culinarie napoletane in uso già nel Settecento.

Non meno importante è che la pizza realmente riconosciuta tale è quella composta dai migliori prodotti espressi dall’agricoltura italiana: dai pomodori al basilico, dalla mozzarella vaccina alle farine più tipiche prodotte sul nostro territorio. Un modo, dunque, almeno per riconoscere e segnalare (laddove arrestarle non è sempre possibile) le innumerevoli contraffazioni.

Infine – e questo è un risvolto che tocca in particolare la realtà partenopea – il mestiere del pizzaiolo (a tutti gli effetti un artigianato fatto di grande esperienza, di storia, di sapienza) ha beneficiato di un importante riscatto sociale, risparmiando così molte famiglie dall’emarginazione e rafforzando il valore identitario di un’importantissima tradizione alimentare.
Non a caso Napoli è oggi sede del Napoli Pizza Village, festa popolare tra le più grandi d’Europa, dove per oltre una settimana decine di blasonate pizzerie e centinaia di esperti si confrontano sul Lungomare Caracciolo tra happening ed eventi pubblici (e naturalmente lauti banchetti con la «regina» delle pietanze italiane). Una vera, ricchissima festa riconosciuta da molte riviste del settore come uno tra i migliori Food Festival in Europa: quest’anno i «pizzomani» troveranno pane (anzi pizza!) per i loro denti al Festival tra il primo e il 10 giugno.