Carapelli: il nostro impegno per un futuro sostenibile

Carapelli: la sostenibilità diventa un valore condiviso

 

Pensando al futuro del nostro pianeta, la sostenibilità è ormai riconosciuta a livello globale come l’unica strada concretamente percorribile. Carapelli, azienda storica ma con un’anima sempre rivolta al futuro, ha voluto prendere parte attiva all’interno di questo importante processo realizzando un progetto innovativo e articolato che mira alla gestione sostenibile di tutte le attività di produzione di olio extra vergine di oliva. Il protocollo che sta alla base del progetto, particolarmente ampio e rigido nelle sue modalità, è stato pensato per coinvolgere tutta la filiera ed essere così anche una garanzia per il consumatore finale che sempre di più desidera conoscere il prodotto che acquista, mettendo la sostenibilità come criterio di scelta preferenziale. L’obiettivo di Carapelli è quello di diventare un punto di riferimento per altri progetti futuri, dimostrando quanto sia possibile ‘lavorare bene’ nel pieno rispetto delle persone e dell’ambiente.

 

La sostenibilità a livello europeo e mondiale

Ma che cos’è esattamente la sostenibilità? Per quanto riguarda l’ambiente, la sostenibilità è il principio guida per tutte quelle iniziative atte a preservare il pianeta così che questo possa rispondere alle necessità sia della nostra generazione che di quelle future. Gli obiettivi della sostenibilità ricercano soluzioni per l’eliminazione della povertà e mettono il benessere umano e la salute al primo posto. La necessità di un approccio sostenibile è stata già sottolineata dalla redazione di importanti documenti, come i Sustainable Development Goals e i protocolli del Patto Verde (Green Deal) della commissione guidata da Von der Leyen. Adesso però è il momento che tutti diano il proprio contributo pratico ed è per questo che Carapelli ha dato vita al suo protocollo di sostenibilità, ispirato proprio alle linee guida fornite dalle Nazioni Unite e promosso a livello nazionale ed europeo, in modo che possa rappresentare un modello di riferimento per la gestione sostenibile delle attività agricole, del frantoio e di tutta la filiera.

 

Il protocollo di sostenibilità Carapelli

Il protocollo di sostenibilità Carapelli vuole dare un contributo concreto alla realizzazione di un mondo capace di far fronte ai bisogni della generazione presente senza compromettere il benessere di quelle future. Gli argomenti presi in esame sono ovviamente numerosi e spaziano da quelli produttivi a quelli culturali, ponendosi su una prospettiva a lungo termine. L’assunto di base è comunque quello dei valori condivisi che per Carapelli sono principalmente la diffusione della conoscenza, la valorizzazione strutturale del mercato, la ricerca della qualità oltre al riconoscimento dei vantaggi dati da una sana alimentazione.

 

Il progetto coinvolge tutti gli aspetti e gli attori della filiera produttiva, per uno sviluppo sostenibile e di valore, prevedendo  quattro diverse aree di intervento:

  1. Sostenibilità Sociale: formazione e supporto diretto alle piccole associazioni di coltivatori

 

  1. Sostenibilità Economica: definizione di accordi di fornitura a lungo termine per garantire profittabilità delle attività dei coltivatori

 

  1. Sostenibilità Ambientale: gestione delle risorse idriche; efficienza energetica e biodiversità; gestione e conservazione del territorio

 

  1. Sostenibilità della Qualità: sicurezza alimentare e gestione degli interventi agrochimici

 

I prodotti Carapelli da produzione sostenibile

Sempre più consumatori ricercano prodotti che si avvicinano al tema della sostenibilità: in questo contesto, il nostro obiettivo è non solo valorizzare la filiera e assicurare un futuro alla stessa, ma anche trasmettere al consumatore finale la consapevolezza e la conoscenza degli sforzi messi in atto  per produrre un prodotto che sia di qualità, ma al contempo sostenibile. Per questo, l’impegno di Carapelli all’insegna della sostenibilità si concretizza in una certificazione dell’ente internazionale Intertek, garanzia di valore e di trasparenza per il consumatore finale ed è testimonianza concreta di un impegno strutturale dell’azienda per lo sviluppo della categoria

 

Il nostro percorso era già stato avviato nel 2020 con focus sulla filiera italiana: l’olio extravergine Carapelli Il Nobile, già testimone del progetto FOOI (filiera olivicola olearia italiana), che presenta infatti una certificazione di sostenibilità applicata alla produzione nazionale.

 

Da oggi, il progetto si arricchisce con il rilancio di il Frantolio, lo storico olio extravergine d’oliva della gamma Carapelli che rinnova la sua qualità di sempre con il valore della produzione sostenibile certificata e che già si era aggiudicato lo scorso anno  il Super Premio del CONAI sulla “Prevenzione – Valorizzare la sostenibilità ambientale degli imballaggi” per la categoria vetro, introducendo sul mercato un nuovo packaging: una bottiglia di vetro scuro che contiene una maggior percentuale di vetro riciclato (fino all’85%).

Il Frantolio e la sua storia di sostenibilità sono anche protagonisti televisivo dell’esclusivo format RAI “Lezioni di etichetta” con uno spot dedicato in onda dal 1 al 24 Aprile. Guardalo qua: Lezioni di Etichetta – Carapelli il Frantolio

 

Breve guida per la corretta conservazione dell’olio

L’olio extra vergine di oliva è considerato un prodotto prezioso ed essenziale in cucina. Fa parte di quella categoria di alimenti che non possono mai mancare in una casa. Non di rado si acquistano diverse bottiglie e si conservano in dispensa. Soprattutto in questo anno di emergenza sanitaria sono moltissime le persone che hanno fatto scorta di olio nelle loro case.

 

Come si conserva l’olio?

La domanda sembra al limite del banale perché si dimentica che l’olio è un prodotto vivo, estremamente delicato. Se l’olio non viene ben conservato il rischio di danneggiarlo in modo irreparabile è molto alto e anche molto facile. Per esempio: l’esposizione a fonti di calore e di luce possono dare vita a un processo chimico di ossidazione e l’olio rischia di diventare rancido.  Ecco di seguito le linee guida per la corretta conservazione dell’olio a casa. Sono indicazioni semplici ma sulle quali spesso inavvertitamente non poniamo la giusta attenzione.

 

 

Luce

L’olio non ama la luce. Non deve essere esposto alla luce naturale e neppure a fonti di luce artificiale. Diventa rancido e il suo colore (giallo con striature verdi) tende a virare verso un giallo/arancio.  Conservatelo in un luogo buio, dentro armadi che non abbiano i vetri trasparenti.

 

Calore

L’olio non ama neppure gli sbalzi termici, soprattutto quelli verso le alte temperature. Da evitare quindi di lasciarlo nel bagagliaio dell’auto durante l’estate, dopo aver fatto la spesa. Oppure sotto il sole in attesa di riporlo nel suo posto. Una leggerezza che spesso si fa è quello di lasciare la bottiglia vicino al calore del fuoco della cucina a legna o del fornello. Non va bene! Dopo aver usato l’olio riponetelo subito lontano dal caldo. Conservatelo sempre in un luogo fresco e asciutto. La temperatura ideale è fra i 12 e i 25 gradi.

Durante l’inverno, se la temperatura della cantina scende, non preoccupatevi: a basse temperature l’olio tende a solidificarsi ma le sue qualità restano immutate. A temperatura ambiente l’olio torna del suo solito aspetto limpido nel giro di 24-48 ore. Ricordatevi che l’olio non va messo in frigorifero o nel freezer!

 

 

Evitare di lasciare il tappo della bottiglia aperto

Spesso per la fretta e talvolta per comodità, il tappo della bottiglia viene lasciato aperto o chiuso male. L’olio a contatto con l’ossigeno subisce un processo di ossidazione degli acidi grassi e questo altera la sua composizione chimica. Ricordatevi quindi di chiudere sempre bene la bottiglia dopo aver usato l’olio. L’olio funziona un po’ come una spugna: assorbe gli odori circostanti e quindi se è esposto a odori forti o sgradevoli questi possono alterare il nostro olio.

 

Attenti quindi a queste tre cose:

  • Luce
  • Calore
  • Aria

 

 

Dal momento dell’imbottigliamento fino all’arrivo in cucina cosa succede all’olio?

Dopo che un olio è stato imbottigliato affronta una sorta di lungo viaggio prima di arrivare nelle case dei consumatori. Viene trasportato su camion, viene stoccato nei magazzini dei punti vendita, finisce a scaffale e infine sulle nostre tavole. Durante queste fasi tutti gli attori coinvolti sono responsabili della corretta conservazione dell’olio. È fondamentale che le qualità dell’olio siano salvaguardate anche dopo la produzione. Una non ottimale conservazione può provocare talvolta dei lievi difetti al prodotto o delle alterazioni indesiderate che però nulla hanno a che fare con la qualità e non danneggiano in alcun modo la salute delle persone.

 

L’impegno di Carapelli e attenzione ai consumatori

Tutti gli oli che escono dallo stabilimento Carapelli sono sottoposti a molteplici e rigorosi controlli. I prodotti sono continuamente testati attraverso analisi indipendenti e un panel test professionale riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole e forestali. La tutela di tutti i nostri clienti e consumatori è uno dei nostri obiettivi principali, ecco perché, proprio per dare la massima assistenza ai consumatori, Carapelli è a disposizione tutti i giorni con il suo numero verde 800.489501.

 

 

A tavola e fuori casa: le olive Carapelli sono sempre con te!

Le olive Carapelli: lo snack appetitoso perfetto per ogni occasione

 

Chi meglio di Carapelli, presente da oltre 125 anni nel settore oleario, può offrire le olive più saporite, e gustose, lavorate a regola d’arte così da garantire intatta tutta la loro fragranza? Per mantenere alto il valore della tradizione, dell’eccellenza del prodotto e della distintività del packaging, Carapelli presenta un comodo formato in busta stand up per la sua nuova gamma di olive denocciolate. La qualità della materia prima ed uno speciale processo di pastorizzazione, fanno di queste olive una proposta inedita, ideale per uno snack salutare al lavoro, un aperitivo con gli amici o un pic-nic fuori porta con i più piccoli.

 
 
 
Scegli la tua oliva preferita, anche fuori casa

Sempre fedele ad uno stile elegante e originale, per conservare al meglio le olive senza togliere niente al ‘look’, la nuova confezione in formato ‘stand up’ ha una grafica accattivante ed è particolarmente gradevole al tatto, grazie ad un particolare materiale soft touch. La praticità è garantita da una comoda apertura a strappo che non richiede le forbici e dalla formula che rende la busta perfettamente stabile anche quando è aperta.

 
 
 
Pratica e comoda: ecco la confezione ideale!

Sempre fedele ad uno stile elegante e originale, per conservare al meglio le olive senza togliere niente al ‘look’, la nuova confezione in formato ‘stand up’ ha una grafica accattivante ed è particolarmente gradevole al tatto, grazie ad un particolare materiale soft touch. La praticità è garantita da una comoda apertura a strappo che non richiede le forbici e dalla formula che rende la busta perfettamente stabile anche quando è aperta.

 
 
 
Pensare alla salute, con gusto

 Le olive sono fonte di vitamine A, B, C ed E, sali minerali, fibre e antiossidanti come l’oleuropeina e l’acido oleanolico. Per preservare questi importanti elementi evitando i possibili disagi dati dal liquido di conservazione, Carapelli ha ideato uno speciale processo di pastorizzazione che le mantiene sempre fresche e fragranti. Il packaging, inoltre, protegge le olive anche dalla luce, elemento al quale sono molto sensibili e che può innescare processi di ossidazione.

Scopri tutta la gamma su: https://www.carapelli.it/categoria-prodotto/olive-da-tavola/

Il frantoio, una macchina magica!

L’autunno è il periodo dei grandi profumi, dei colori ardenti. Ed è il periodo in cui prende vita l’olio d’oliva, l’oro verde che su tutte le tavole italiane è da sempre il re indiscusso.

Che il frantoio sia gestito «in famiglia» o che faccia capo a una piccola azienda o a una più estesa industria, il percorso dell’oliva, la sua lavorazione e il suo trattamento fisico e meccanico, è sempre lo stesso … e sempre, ugualmente bello, è sentire l’aroma della pasta d’olive riscaldata e osservare il colore dorato del primo olio che esce alla fine della lavorazione.

La pulizia delle olive
Il primo passo è sempre quello della pulizia delle olive, che arrivano al frantoio direttamente dall’albero, e qui vengono deramificate, sfogliate e lavate, prima di essere frantumate (o sarebbe meglio dire «frante», per avvicinarci di più all’origine etimologica del «frantoio»).

Frangitura
Le olive, dunque, vengono frante in grandi vasche d’acciaio, fino ad ottenere una pasta grossolana, composta da buccia, polpa e noccioli.

Gramolatura
Il passaggio più delicato, che determina l’essenza dell’olio è proprio la gramolatura: in una vasca a temperatura costante (non oltre i 29 gradi) e con un’esposizione all’ossigeno controllata, la pasta di olive viene rimescolata in una macchina (detta appunto «gramola») che la lavora e che unisce le molecole di olio in gocce sempre più grandi, preparandole all’estrazione.

L’estrazione
È la vera e propria «nascita» dell’olio poiché separa l’olio vero e proprio dall’acqua di vegetazione e dalla sansa (la parte solida): il processo avviene per la pressione che si imprime sul mosto oleoso. Tra le diverse tecniche, le più diffuse sono quella con i fiscoli (dei dischi filtranti sovrapposti, intervallati da dischi d’acciaio che premono sulla polpa) e la centrifuga, che separa le componenti in base al loro peso specifico.

Il filtraggio
L’olio che esce è già perfettamente commestibile, ma ha un aspetto torbido a causa dei micro-residui di polpa, di frammenti d’osso e di acqua. Lasciandolo decantare oppure sottoponendo l’olio a diversi sistemi di filtraggio, i residui si depositano sul fondo per formare la morchia, e lasciano l’olio limpido e denso come quello che ben conosciamo …

Pronti per preparare una bruschetta o una buona insalata mediterranea?

Lo spreco del cibo: piccoli gesti quotidiani per migliorare!

Quanti miliardi…

«Lo spreco di cibo a livello domestico in Italia ammonta a 12 miliardi di euro ai quali va sommato lo spreco alimentare di filiera (produzione – distribuzione), stimato in oltre 3 miliardi, ovvero il 21,1% del totale. Lo spreco complessivo di cibo vale pertanto oltre 15 miliardi».

Così cita un testo pubblicato lo scorso settembre su repubblica.it (dai dati di Coldiretti) che «tradotto» significa che il nostro Paese deve ancora lavorare molto per ridurre gli sprechi alimentari.

Occhio al cestino di casa!

Nonostante quanto si pensi comunemente la maggior quantità di cibo sprecato viene proprio dalle nostre case e non dalla filiera produttiva (non, dunque, dalle industrie o dai supermercati). Il contesto della distribuzione – poiché il più evidente e il più facilmente misurabile – ha dato vita, già alla fine degli anni Novanta, a uno dei primi progetti anti-spreco, che oggi è a tutti gli effetti un’impresa di grande efficacia, che lavora attivamente per la riduzione degli sprechi e per la sensibilizzazione a tutti i livelli nei confronti di questo tema. Si tratta del Last Minute Market (oggi noto ai più in quanto partner di MasterChef Italia), puntualissimo tanto nelle proposte di conversione, quanto nella ricerca e nella diffusione delle buone prassi per ridurre gli sprechi di cibo.

La qualità della vita. Di tutti.

L’equivalente in cibo di quasi 16 miliardi di euro è davvero una quantità esorbitante, che muove le coscienze di un continente «fortunato» che sa che in un’altra parte del mondo c’è chi, invece, fatica a mangiare per sopravvivere.

Fuor di retorica, noi di Carapelli, che per nostra mission abbiamo a cuore la qualità della vita e del cibo, proviamo a suggerire ai nostri lettori e consumatori qualche piccolo accorgimento perché ciascuno possa dare il proprio contributo per ridurre gli sprechi.

Il… «pentalogo» di Carapelli

  • Quando facciamo la spesa portiamo con noi una lista precisa e cerchiamo di comprare esattamente quel che ci serve, di privilegiare la qualità, di leggere bene le etichette e di non farci distrarre dal superfluo.

  • Quando riponiamo un cibo sugli scaffali di casa, assicuriamoci che abbia tutte le condizioni per una buona conservazione e che non si deteriori.

  • Quando vediamo che ci sono degli avanzi in cucina cui non sappiamo dare una destinazione, scateniamo la fantasia e creiamo piatti nuovi, cercando di recuperare tutto il possibile. Se nulla ci viene spontaneo, la rete (con le sue infinite risorse) ci saprà aiutare.

  • Quando calcoliamo la quantità di cibo da destinare ai piatti, non esageriamo: è meglio dover aggiungere che trovarsi con gli avanzi da gestire (e che spesso finiscono per essere buttati).

  • L’ultimo monito che ci sentiamo di proporre ai nostri consumatori è quello verso l’ambiente: gli sprechi hanno una pessima ricaduta sul benessere della nostra Terra, poiché richiedono molte più energie del dovuto per lo smaltimento. Quando buttiamo qualcosa di commestibile, pensiamo anche a questo.

I fratelli olio e vino

Olio e vino sono da sempre due cardini fondamentali, in Italia, delle tavole quotidiane, ma anche del turismo enogastronomico, oggi in sviluppo esponenziale, grazie a una visione che valorizza e mette al centro del viaggio l’esperienza a tutto tondo del territorio e delle sue espressioni.

Sono centinaia gli angoli di paradiso del nostro Paese che custodiscono i segreti della terra nel loro paesaggio, nella storia dei loro abitanti, nelle attività ancora legate in modo indissolubile al territorio e alle sue singolari specificità.

E sono migliaia le famiglie, da Nord a Sud dello Stivale, nelle quali può trovare almeno una bottiglia di buon vino e di olio extra vergine d’oliva.

Due fratelli, il vino e l’olio, che condividono la gioia di un percorso produttivo e conservativo legato alla terra, alla ritualità, all’originalità e alla ricerca di qualità.

I coltivatori e i produttori di olio e di vino, come dei veri padri, si prendono cura di questi prodotti come fossero “di famiglia”: attenti alla cura della terra, alla natura delle piante, ai cambiamenti metereologici, alle epidemie parassitarie, accompagnano i loro frutti fino alla definitiva trasformazione.

La scelta della tipologia (dell’oliva o dell’acino), la raccolta, il trattamento, l’imbottigliamento sono procedimenti comuni ai due «prìncipi della cucina» che chiedono un rituale preciso, appassionato, sincero e che implicano competenze di alta levatura.

Nel vino come nell’olio le varietà di gusto, di principi nutritivi e di proprietà organolettiche sono tantissime e valorizzarle – nelle loro diversità – è a tutti gli effetti una vera e propria arte.

Dalla scelta delle piante, alla raccolta, alla produzione fino all’imbottigliamento, ogni dettaglio deve essere curato perché ciascun prodotto mantenga gusto e proprietà unici: è sufficiente spostarsi di pochi chilometri per passare a spettri di gusto, consistenze, profumi diversi e questo fa la vera differenza e l’unicità del gusto nel nostro Paese.

La vera bellezza, come nell’arte, nella musica, nell’architettura, sta proprio nella irripetibilità di un olio o di un vino: ogni serie di bottiglie ha la sua propria vita, non è mai uguale a un’altra ed ha percorsi diversi.

A noi (turisti o stanziali) tocca assaporare profumi e gusti, imparare a distinguere e godere della fortuna di poter abbracciare questo patrimonio «in casa nostra».

Benvenuta Primavera!

Con l’arrivo della Primavera sentiamo il naturale bisogno di uscire, di farci abbracciare dai primi raggi di sole, di passeggiare all’aria aperta a contatto con la natura regalandoci quel tocco frizzante che ci rivitalizza.

E il risveglio, in questo periodo, è della natura tutta; delle prime piante che fioriscono (dall’elegante camelia al biancospino, alla selvaggia forsizia; fino al ciliegio e il mandorlo) e che possono donare dei benèfici oli curativi o essenziali che sostengono corpo e anima nel passaggio di stagione.
Come ogni buon olio, tutti gli oli estratti dalle piante e utilizzati correttamente, aiutano i sensi, ma anche l’umore e lo spirito nei loro innumerevoli utilizzi: dai massaggi all’aromaterapia fino alla cura della pelle, delle unghie, dei capelli.

Alleati del benessere, gli oli naturali – in particolare quelli essenziali – vanno sempre calibrati alle proprie esigenze (con l’aiuto di un erborista o di un farmacista) e hanno proprietà di grande impatto: gli essenziali vanno sempre diluiti in altri liquidi per non divenire troppo aggressivi o urticanti.

Olio di mandorla

I fiori bianchi del mandorlo annunciano tra i primi l’arrivo della bella stagione. E proprio dalle mandorle si ricavano degli oli (usanza peraltro antichissima): dalle mandorle dolci spremute a freddo si estrae il semplice olio di mandorle, che ha tantissime proprietà benefiche, in primis per la pelle: è lenitivo, addolcente e idratante e si assorbe con facilità nonostante sia ricco di sostanze grasse. Noto da millenni (ci sono testimonianze dell’uso di esso tra le popolazioni antiche dell’Egitto), l’olio di mandorle contiene tante vitamine, sali minerali, proteine e acidi grassi e per uso esterno aiuta la pelle, le unghie, i capelli. L’olio essenziale, invece, si ricava per lo più da mandorle amare ed è oggi per lo più utilizzato per la composizione di saponette e di altri prodotti cosmetici. Un tempo era noto come antipiretico e ancor oggi sappiamo che ha realmente un risultato importante ed immediato contro la febbre. L’accortezza che va sempre praticata è l’estrazione dall’olio essenziale di mandorla dell’acido cianidrico, che rende l’olio potenzialmente pericoloso e se ingerito può avere effetti fortemente tossici.

Olio essenziale di rosa

La rosa è il fiore forse più ricco di fioriture, che iniziano proprio da marzo, per proseguire tutta l’estate.
Degli oli essenziali di rosa esistono molte varietà, ognuna con proprietà diverse.
L’olio più comune è ricavato dalla Rosa damascena, una pianta della famiglia delle Rosaceae. Ha un’azione equilibrante, lenitiva e armonizzante e infonde tranquillità e felicità. Adatto a tutti i tipi di pelle, calma la cute e cura le cicatrici.

Olio essenziale di magnolia

La magnolia, il fiore profumatissimo e pomposo che riempie gli alberi sul finir dell’inverno, irrompe con i suoi fiori ancor prima del fogliame. Anche nel caso della magnolia l’olio essenziale ha proprietà molto potenti: il geraniolo, il nerolo e il linalolo contenuti in esso, hanno proprietà calmanti in caso di stress, di collera e di irrequietezza; anche sulla pelle l’essenziale di magnolia serve a disinfettare e decongestionare le eruzioni cutanee o altri stati infiammatori della pelle, della quale fortifica gli acidi esterni.

Il nettare naturale, dunque, è quello che concentra le sostanze benefiche più di ogni altra parte della pianta: avviandoci a lenti passi verso il sole, il nostro auspicio è quello di rispettare sempre di più la natura martoriata che ci circonda, cercando di farne l’uso più corretto e approfittando degli infinti rimedi naturali che essa ci mette a disposizione.

La Pasqua: storie e ricette d’uovo

L’uovo è il simbolo per eccellenza della Pasqua, ed è divenuto oggi principalmente un oggetto decorativo, portando sempre con sé il proprio valore simbolico: nel nostro Paese la festività religiosa che celebra la Resurrezione di Cristo accoglie l’uovo per il suo significato di nascita e di vita, e lo paragona alla pietra che si scosta dal Sepolcro per far strada a Cristo risorto.

In verità l’uovo ha una storia molto più antica della religione cristiana, e già millenni prima di Cristo alcuni miti lo raccontavano come elemento sacro: l’insieme simbolico di cielo e terra, negli antichi culti pagani; il nucleo fondante dei quattro elementi (acqua, aria, terra e fuoco) per il popolo egizio; la rinascita dalle ceneri nel mito della Fenice, la «ripetizione della nascita del Cosmo» nelle teorie cosmogoniche greche.

Anche la sua funzione di regalo propiziatorio ha radici antichissime: i Persiani lo donavano in segno di benvenuto alla primavera, e come buon augurio per la fecondità, mentre i Romani lo usavano come amuleto per la fertilità dei campi.

Sin da allora, lungo tutta la storia d’Europa e d’Oriente, sono molte le leggende che si sono perpetuate sino ad oggi, ed è dal primo Ottocento che l’uovo di Pasqua rappresenta ciò che è consueto ai giorni nostri: un dolce regalo per i bambini arricchito dalla immancabile sorpresa.

L’uovo è anche (e nasce soprattutto come) un alimento tra i più antichi, tra i più diffusi e tra i più apprezzati dalle diete di tutto il mondo.

E se è vero che la Pasqua lo vede particolarmente al centro di ogni ricettario, è altrettanto vero che è su tutte le tavole in ogni periodo dell’anno. In primis perché «fa bene»: ha un altissimo contenuto proteico e contiene molti amminoacidi utili all’organismo; ha molti sali minerali, ferro e di zinco e previene l’arteriosclerosi.

E poi perché è un vero passepartout in cucina, utilissimo per pietanze salate e dolci, a disposizione delle più varie fantasie dei migliori cuochi come dei principianti ai fornelli.

Basti ricordare alcune delle più diffuse ricette pasquali della penisola: a cominciare dalla semplice e universale proposta dell’uovo sodo, condito con del buon olio d’oliva e poco pepe (l’eleganza e la semplicità sono sempre complici!) Oppure la conosciutissima torta pasqualina (tipicamente ligure, ma oggi disponibile dappertutto e in diverse varianti) che unisce la pasta sfoglia alle bietole con del formaggio e le immancabili uova sempre sode, è un piatto unico molto saporito.

E, al Sud, nel periodo di Pasqua non manca il Casatiello: un pane speciale, molto saporito e morbido, ripieno di salumi e formaggi ed ovviamente… con le uova sode.

Ma quante sono, sulle tavole e nei pic nic, le frittate con mille varianti (alle erbe, alle verdure, con carne, salumi, patate)? E quante omelette si possono declinare a tavola, dal dolce al salato? Insomma, il sapore dell’uovo è davvero come un «capo spalla» di un guardaroba: si accorda mirabilmente con tutto e cambia il suo stile a seconda di come lo si decide di sfruttare.

Non resta che scatenare la fantasia e immaginare una nostra ricetta personale e innovativa, con la sfida di regalare ancora un nuovo «vestito» all’uovo e valorizzarne ulteriormente la versatilità e l’utilità in cucina.

Olio extravergine d’oliva amaro: pregio o difetto?

Sono molti i consumatori che dinanzi a un olio extra vergine d’oliva dal sapore amaro e che pizzica in gola si chiedono se l’olio abbia dei difetti, se fa male alla salute o, addirittura, se contenga strane sostanze chimiche che conferiscono questo sapore. Nulla di tutto questo!

Il sapore amaro in un olio extravergine d’oliva è non solo normale, ma va considerato a tutti gli effetti un vero attributo positivo!

L’amaro indica la presenza dei composti fenolici. Si tratta di composti organici che fanno bene alla salute, contrastano l’azione dei radicali liberi e prevengono l’ossidazione dell’olio. Sono più comunemente chiamati “polifenoli”. I polifenoli si trovano in molti alimenti oltre all’olio: nelle verdure (come i broccoli, i cavolfiori, gli spinaci, i pomodori), nella frutta (frutti rossi, ma anche kiwi, banane) e anche nel buon cioccolato. Fanno bene alla salute e sono un alleato prezioso per la nostra dieta.

La loro presenza può essere più o meno elevata. Questo dipende da fattori essenzialmente naturali come il clima, il livello di piovosità, il tipo di terreno. Nell’olio, il caratteristico sapore amaro dipende inoltre dalla varietà della cultivar, cioè dalla “tipologia” di oliva. In natura ci sono, infatti, olive più amare e olive più dolci. Dipende anche dal momento della raccolta. Le olive più verdi sono generalmente più amare. Man mano che diventano mature si addolciscono.

 

Amaro e acidità

Sfatiamo un’altra credenza… e teniamo le credenze solo per metterci i piatti! Il sapore amaro non ha nulla a che fare con l’acidità dell’olio. Quest’ultima, in un olio, non si percepisce al palato. Perché l’olio non è un limone e l’acidità è un parametro che si rileva solo con delle precise analisi di carattere chimico-fisico e non c’entra nulla con il ph.

 

Il livello di acidità che un olio deve avere è stabilito da una normativa comunitaria. Carapelli, per tutti i suoi oli extravergini, adotta dei parametri più restrittivi rispetto a quelli stabiliti dalla legge. Questo significa che tutti i nostri oli hanno un livello di acidità più basso rispetto a quello che la legge impone. E questo per garantire a tutti i nostri consumatori un prodotto di grande qualità.

 

Breve guida all’assaggio dell’olio extravergine d’oliva

È doveroso, dopo aver parlato del sapore amaro dell’olio, dare degli strumenti semplici che consentano a tutti di capire se un olio è buono oppure no.

Come si assaggia l’olio? Siamo soliti assaggiarlo accompagnandolo con del pane.

Questo va bene, ma per golosità. Per capire le caratteristiche di un olio, al contrario, dobbiamo assaggiarlo da solo. Con la bocca ripulita da altri sapori. Ecco come fare: si mette una piccola quantità di olio in un bicchiere di vetro o di plastica (quelli piccoli da caffè), si riscalda un po’ il bicchiere con le mani (così sprigiona i suoi aromi) e poi si assaggia l’olio “aspirandolo” in modo da farlo andare in gola senza spalmarsi per tutta la bocca. Dopo un po’si sentirà un leggero pizzicore in gola e il caratteristico sapore amaro indice della presenza dei polifenoli! Significa che è un olio buono e sano.

 

 

Carapelli: a ciascuno il suo olio in base ai gusti

Oltre all’amaro, l’olio può avere anche altri attributi, come ad esempio fruttato o piccante.

Più in generale, in base alle mol

te varietà di olive presenti (sono oltre 600) e alle condizioni naturali/climatiche, un olio può avere un sapore amaro più o meno accentuato, un sapore più armonico, tendente al dolce, oppure fruttato. La scelta su quale olio usare è squisitamente personale: dipende dai gusti. Da come siamo abituati in cucina e da quello che ci piace. Per questo motivo, Carapelli propone una selezione di diverse tipologie di olio con caratteristiche organolettiche (di sapore) differenti. Per la gamma degli oli 100% italiani, ad esempio, ogni prodotto corrisponde ad un nome che lo identifica: Oro Verde, Il Nobile, Rustico Non Filtrato, etc. In questo modo andiamo incontro ai gusti di tutti i consumatori, anche dei più esigenti.

Provare per credere!

 

Letture sotto l’ombrellone. Le riviste di cucina in Italia

La tradizione italiana in ambito di riviste dedicate alla cucina è molto ricca e di vecchissima data: ricette, abitudini ed usanze sono sempre state al centro delle attenzioni del grande pubblico e della più diversa editoria.

Oggi le riviste cartacee espressamente dedicate al cibo sono oltre 40 e centinaia i siti, i blog, i notiziari online che si occupano della dieta e dell’alimentazione in generale.

Scorrendo questo immenso panorama, ci fermiamo su tre titoli tra loro molto lontani che ci sembrano comunque rappresentare a diversi livelli gli interessi del più ampio pubblico dei lettori, oltre che restituire tre visioni del mondo culinario tra loro complementari.

A pieno titolo ci piace citare per prima «La cucina italiana”, il più antico mensile di settore e ancora oggi tra i maggiormente letti. Edita a Milano alla fine del 1929, «La cucina italiana» nasce con lo scopo di valorizzare e divulgare le ricette storiche delle diverse regioni.

Con il passare degli anni e con il mutamento del pubblico, la rivista diviene un punto di riferimento popolare anche per i consigli alimentari e per le novità nell’ambito della gastronomia. Sin dai numeri più vecchi accanto alle ricette compaiono proposte di addobbi e decorazioni, regole di comportamento in cucina, contributi di artisti, scrittori o personaggi dello spettacolo, interventi letterari o musicali.

Per alcune mensilità»La Cucina Italiana» interrompe le uscite tra gli anni Quaranta e Cinquanta e questa breve uscita di scena non ferma l’evoluzione della rivista che cambia diverse direzioni e editori. Negli anni Ottanta inizia l’inserto monografico «Speciali de la Cucina Italiana» e negli anni Duemila si consolida definitivamente come la rivista di settore più letta, deposita il marchio ed è tradotta in lingua inglese per il mercato americano ed europeo.

Gambero Rosso (che è in realtà una casa editrice con moltissime espressioni, non soltanto una rivista) ha intenzioni e un tenore di comunicazione molto diversi rispetto a «La cucina italiana”: nasce come inserto di un quotidiano negli anni Ottanta e deriva il suo nome dalla celebre Osteria citata dal Gatto e la Volpe di Pinocchio.

Lega il suo immaginario e le sue attività allo Slow Food, movimento che ha determinato una grande rivoluzione del significato e delle aspettative del mondo enogastronomico.

Dalla fine degli anni Ottanta Gambero Rosso è riferimento di prestigio con le sue guide ai «Vini d’Italia» e ai «Ristoranti d’Italia» e diviene anche un’emittente televisiva (prima Rai, oggi Sky Tv) oltre che patrocinare le attuali Città del Gusto, veri e propri villaggi dedicati, comprensivi di scuole, teatri, ristoranti e osterie e studi televisivi, con sede oggi in alcune delle maggiori città italiane. Rimane tuttora tra i riferimenti più autorevoli degli chef pluristellati, produttori di vini, organizzatori di eventi eno-gastronomici, artisti del gusto.

Finiamo con una segnalazione «di nicchia» che ci piace citare perché rappresenta una visione «premium» e contemporaneamente molto aperta e versatile del mondo della cucina, un po’ come le linee più preziose di Carapelli.

Si tratta di Cook_inc, un magazine quadrimestrale, che dal 2011 racconta il mondo e le sue espressioni attraverso la tavola e la cucina. Non vuole – come Gambero Rosso – recensire o classificare, ma ama gli approfondimenti, i ragionamenti, gli incontri. Si stupisce di fronte alle novità, ha uno sguardo ampio e a 360 gradi.

Approfittiamo delle stesse parole che Cook_Inc ci propone, per citare al meglio il suo spirito: «Ogni numero affronta un tema, concepito come linea guida, concedendosi talvolta il lusso di perdersi, perché come nella vita, a perdersi, capita di incontrare cose bellissime.

Tre visioni diverse di un unico mondo, quello della cucina e dell’arte del cibo in generale, che colora le letture estive di tinte diverse e soddisfa i più lontani «palati» con letture differenti – quando non opposte – della vita ai fornelli o a tavola.